La città del futuro è già passato.
Gli Urban screen, evoluzione moderna dei grandi billboard, i cartelloni pubblicitari nati nella seconda meta dell’Ottocento, rappresentano l’uscita dello schermo dalla sala cinematografica, dal salotto di casa, dalle Louis Vuitton e le loro imitazioni e dai taschini per incontrare gli spazi pubblici. Sono schermi televisivi sui cui trasmettere messaggi pubblicitari oppure display in grado di fornire informazioni come la mappa del luogo, il meteo, le principali notizie del giorno e le previsioni di arrivo del bus o della metro. Sono il frutto del progresso tecnologico e nella brusca, frenetica e mutevole vita della città si intrecciano molteplici sguardi veloci. La città si addobba con schermi, produce grandi visioni su maxischermi, trasforma le proprie piazze in spettacoli visivi di rara potenza emozionale. E’ una città che parla dell’utopia della tecnologia e della cultura digitale che mette al centro la comunicazione e l’informazione. Una città in cui il reale e il virtuale entrano in dialettica tra loro, che cerca di distrarre e creare percorsi emozionali e informativi per gli occhi dei cittadini in transito.
In questo scenario post-digitalizzazione la massa di dati, comunicazioni e contenuti che si visualizzano, si consumano e che aumentano esponenzialmente ogni giorno è talmente immane che sembra che gli schermi non bastino più. Schermi che travalicano la funzione propria dei media, divenendo strumenti indispensabili nel mondo del lavoro. Si tratta insomma di porte digitali connesse, convergenti, sincronizzate e come è facile prevedere, sempre più interattive.
A chi non capita di staccare per un momento gli occhi dallo smartphone e guardare un altro schermo?
Fonti e approfondimenti
Arcagni Simone, Screen City, Bulzoni editore, 2012 – Link Amazon
Mediastudies.it – Università Roma Tre